091 Sky Model

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n° 91

Bimestrale - Anno XV Ottobre - Novembre 2016

Italia € 7,50

Portugal (Cont.) € 11,50 Svizzera Canton Ticino Chf 18,90

www.aurigapublishing.it

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Grafica Roberto Carena

C’È UN MODO PIÙ FACILE PER ”PERSONALIZZARE” I VOSTRI AEREI

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TM48/530 - scala 1/48

TM48/566 - scala 1/48

TM32/521 - Stemmi A.M.I. 2a serie per F 86 ed F 104 - scala 1/32 TM32/539 - Italian AV8 B Plus Harrier II - scala 1/32

TM32/521 - scala 1/32

TM32/569 - scala 1/32

TM48/2101 - Italian F 35 LIGHTNING II - 32° Stormo - scala 1/48 Questo tipo di decalcomanie sono prodotte in modo artigianale e hanno la pellicola unica, il modellista deve scegliersi la forma di ogni soggetto e ritagliarlo applicandolo in modo adeguato seguendo le fotografie o dei buoni schemi di colorazione.

Per ricevere il catalogo di vendita, inviare Euro 9,50

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Bimestrale Ottobre - Novembre 2016

Soggetto

Scala Pag.

Floh (pulce) DFW T 28 FOCKE WULF 190 A4 T-28B Trojan

di Joachim Weiske

di Gianni Nardone

di Akira Watanabe

Agusta-Bell AB205

1/72

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montaggio

1/72

16

montaggio

1/48

20

montaggio

24

close-up

di Simone Marcato

MIRAGE IIIC

di Pier Paolo Maglio

1/32

30

montaggio

Tornado ECR

di Lorenzo Borgesa

1/32

36

montaggio

46

storia

1/48

54

montaggio

1/12

60

montaggio

Grumman F4F Wildcat

di Herbert Ringlstetter

Gloster Javelin FAW Mk 9 Yokosuka MXY-7 Ohka

di Wolfgang Bugl

di Alexander W. De Leon

Rubriche Accessori

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Scatole

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Direttore Responsabile Thomas Abbondi Editore Auriga Publishing International S.r.l. Via Bressanone 17/1 - 16154 Genova www.aurigapublishing.it

Capo redattore Thomas Abbondi (T.A.) Direttore editoriale Alessandro Bruschi Servizi fotografici Alessandro Bruschi Grafica Cristina Bonanno hanno collaborato a questo numero Ettore Giordano, (E.G.), Pier Paolo Maglio, Simone Marcato, Mauro Murta (M.M.), Annamaria Nardone, Gianni Nardone, Herbert Ringlstetter, Akira Watanabe, Alexander W. De Leon, Joachim Weiske Pubblicazione registrata presso il tribunale di Genova

il 17/09/2001 al n° 39. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte dei testi e delle illustrazioni può essere riprodotta senza l'autorizzazione scritta dell'Editore. © 2016 Auriga Publishing International S.r.l. Abbonamenti e arretrati Abbonamento annuale per l’Italia € 32,00, Abbonamento annuale per l’Europa € 60,00 Abbonamento annuale per l’estero € 75,00 Copie arretrate/Back issues € 10,00 + spedizione/postage: + 4 € Italia corriere espresso + 10 € Europe surface mail + 15 € Overseas surface mail Copie arretrate per abbonati Italia € 9,00 + 4 € di spedizione con corriere (previa conferma disponibilità) pagamento su C/CP 27524131 intestato a: Auriga Publishing International S.r.l. Via Bressanone 17/1 - 16154 Genova specificando sulla causale il nome della rivista, i numeri richiesti, l’indirizzo del richiedente e recapito telefonico. Informazioni: [email protected] Stampa PRONTOSTAMPA Zingonia BG Distributore per l’Italia e per l’estero SO.DI.P. SpA, Via Bettola 18, 20092 Cinisello Balsamo (MI)

Tel +3902/66030400, FAX +3902/66030269 [email protected] - www.siesnet.it Corrispondenza Redazione SkyModel (specificare rubrica) Auriga Publishing International S.r.l. Via Bressanone 17/1 - 16154 Genova Fax 010 6001907 [email protected] Pubblicità Auriga Publishing International srl Via Bressanone 17/1 - 16154 Genova Fax 010 6001907 - [email protected]

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n concetto che mi sembrava molto promettente non sembra abbia tanto attecchito. Mi riferisco alle produzioni di easy kit come ad esempio quelli della Hobby Boss, che nella mia immaginazione sarebbero stati ottimi per fare da tavolozza, consumando qualcuno dei sacri e riveriti fogli decal accumulati negli anni e consentendoci una salutare pratica pittorica che tante volte manca a chi spende mesi e mesi a montare e una settimana a colorare. In realtà mi ero fatto una certa scorta di scatole Hobby Boss in 1/72 di soggetti interessanti come araldica, vedi soggetti USN, JN etc., e poi sono partito di buona lena finendo come al solito roso dall’implacabile demone del dettaglio, per ovvie ragioni ridotto all’osso soprattutto per quanto riguarda gli interni… i motori… i vani carrello. E cosa mi aspettavo? Niente, come balene spiaggiate contemplo un Hellcat che doveva diventare un caccia notturno, un Corsair che non è andato molto più lontano e altri che non sto manco a citare. Quale è il problema? Colorare un aereo è fatica, no beh è una gioia ma comprende anche fasi tediose come la mascheratura in assenza di mascherine pretagliate, passaggi noiosi e rieptitivi, dare il primer, controllare, stuccare, correggere, cose che non si possono assolutamente saltare, pena notti insonni. Insomma, ci metti l’impegno per dipingere un modello, ma per essere veramente soddisfatto deve essere un bel modello, non un easy kit montato in mezz’ora. O no? Siamo perversi noi modellisti e soprattutto mai contenti. Thomas Abbondi

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Il DFW T 28 Floh fu sviluppato nel 1915 su progetto di Hermann Dorner, a quel tempo direttore e capo progettista della Deutschen Flugzeugwerke (DFW), come aereo da combattimento m o n o p o s t o . L’obiettivo era quello di avere un caccia più veloce di tutti gli altri riducendo al massimo la resistenza aerodinamica e il peso. Oltre alla forma aerodinamica a “balena”, tutte le parti del motore e dell’armamento furono carenate. Anche lo scarico venne semplificato per risparmiare peso e resistenza 6

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aerodinamica. Gli svantaggi di questo progetto stavano nella difficile accessibilità al motore e all’armamento, oltre alla limitata visuale verso il basso. Non è noto il giorno del battesimo dell’aria del Floh (pulce), si sa solo che venne raggiunta una velocità di punta di 180 km/h, nonostante il motore poco potente (Mercedes DI da 100 cv). A causa della scarsa visuale verso il basso e dell’alta velocità, il volo inaugurale si concluse con un incidente minore al carrello. Effettuate le riparazioni e le modifiche, in particolare agli impennaggi orizzontali, il velivolo venne presentato ufficialmente. Nonostante l'elevata velocità (per l'epoca), il Floh non suscitò l’entusiasmo dei militari, che si lamentavano dell’alta velocità di atterraggio e di altri motivi non meglio specificati. La carriera di questo curioso velivolo terminò prima di cominciare.

IL MODELLO La scatola contiene una stampata in plastica grigia, una lastrina fotoincisa, un film per il pannello strumenti, un foglio decal e le istruzioni. La plastica, anche se è uno short run, è bella e ben dettagliata. Pochi segni degli estrattori, peraltro nasco-

(PULCE)

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Montaggio La stampata e le decal del kit.

di Joachim Weiske Modello: ELF MODEL

sti, buona riproduzione della tela, con le centinature ma senza esagerare. Anche i serbatoi e il radiatore installati nell’ala superiore sono riprodotti in maniera adeguata alla scala. Le pannellature sono in fine negativo. A causa dei limiti di stampaggio, le aperture sul muso che danno la “faccia” all’aereo sono solo accennate. Le superfici di governo sono separate, è possibile quindi riprodurle deflesse. Le parti nella scatola consentono di riprodurre il velivolo con gli impennaggi originali oppure quelli modificati. Ovviamente, la maggior parte delle fotoincisioni serve per dettagliare il cockpit; oltre alle cinture, molti elementi sono destinati al pannello strumenti. Le decal si riducono a sei croci di ferro, poiché il velivolo non ebbe impiego militare. Le istruzioni forniscono alcune informazioni in merito al velivolo e una chiara sequenza illustrata del montaggio, oltre al diagramma della tiranteria. Le istruzioni per la colorazione

Sono presenti una lastra fotoincisa della Eduard e un acetato con gli strumenti di volo.

sono da prendere con riserva, poiché si sa solo che l’aero era chiaro con bordi d’attacco scuri. Poteva essere grigio chiaro oppure bianco o anche azzurro, sulla base delle colorazioni note di aerei coevi. L’autore ha quindi seguito le indicazioni del Windsock Mini-Datafile che rappresenta il Floh con una colorazione grigio chiara e con i bordi d’attacco grigio scuro.

LA PREPARAZIONE Per prima cosa si controllano le

dimensioni, il profilo e il combaciare dei pezzi. Le parti principali sono state quindi separate, pulite e confrontate con i disegni del volume citato. Il diametro dell’elica sarebbe più grande di 2 mm e ogni semiala più lunga di 0,5 mm; tutte le altre misure corrispondono. Il montaggio a secco è stato effettuato con plastilina e nastro adesivo, fino a raggiungere un risultato soddisfacente. Le pale dell’elica sono state ridotte e riportate in forma, poi sono stati praticati tutti i fori per i tiranti di ali e

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L’elica è più lunga di 2 mm, è stato necessario accorciarla e risagomarla.

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impennaggi. La fusoliera ha ricevuto ulteriori fori per alloggiare perni metallici per le semiali. Lo scarico e le prese d’aria sono stati aperti con trapanino e cutter, a questo punto è stato ridotto lo spessore della plastica con una fresa e infine, dall’interno, è stata posizionata una striscia di plastica per scongiurare indesiderate trasparenze. I perni delle semiali e degli impennaggi sono stati realizzati con filo metallico.

IL MONTAGGIO

Una mano di fondo per l'elica con gli smalti Testors. Si disegnano le lamine.

Per prima cosa è stato montato il cockpit; non esistono foto dell’aero vero, Elf Model propone un pavimento con pedaliera e una barra essenziale, un sedile con imbragature fotoincise e un pannello strumenti ugualmente fotoinciso. Sulle paratie laterali troviamo una pompa a mano e un regolatore della miscela, sempre fotoincisi. La barra e la pompa sono state sostituite con pezzi di recupero o autocostruiti. Le cinture sono state rappresentate invertite nelle istruzioni e occorre fare attenzione. A parte queste minime

modifiche il montaggio procede spedito. La colorazione interna non è chiara, verosimilmente i vari elementi potevano essere nei rispettivi colori oppure poteva essere stata data una mano di grigio; ho deciso di lasciare gli interni color legno, dipingendo i vari dettagli con il grigio chiaro sulla base della prassi dell’epoca adottata su numerosi velivoli coevi. Il sedile era verosimilmente di alluminio con imbottiture in cuoio, leggero e funzionale. Il cockpit è stato inserito in fusoliera un po’ più profondo del previsto, per evitare indesiderate interferenze del seggiolino con la paratia posteriore. Una volta inserito il pannello strumenti sono state chiuse le semifusoliere. Il pannello davanti al cockpit, sparito durante la carteggiatura, è stato rifatto con il plasticard. Alla fusoliera sono state aggiunte le gambe del carrello e il pattino di coda. Per metterle in linea è stato usato collante cianoacrilico in gel, che lascia più tempo per l’allineamento. Le superfici di governo sono state quindi incollate deflesse ad ali e impennaggi in modo da dare vita al modello. I minuscoli contrappesi fotoincisi sono stati aggiunti a colorazione completata, per non rischiare di perderli.

COLORAZIONE E INSEGNE Con il montaggio completato, le superfici sono state sgrassate con l’alcool e l’apertura del cockpit è stata

Grazie a una mano di trasparente arancio acrilico la pala assume un aspetto ligneo.

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Montaggio 1

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1) Le semifusoliere durante la preparazione. 2) + 3) Sono stati aperti scarichi motore e prese d’aria di fusoliera. Una volta praticati i fori, le aperture sono state affinate dall’interno. 4) Sono stati praticati anche i fori dei rinvii e dei tiranti nella fusoliera. L’esatta posizione è stata ricavata mediante un compasso dai disegni del Windsock Mini-Datafile. Perni di 8 7 metallo sostituiscono quelli in plastica stampati sulle semiali. 5) Per evitare trasparenze indesiderate i fori sono stati chiusi posteriormente con il plasticard. 6) Con una fresa si assottiglia la plastica in corrispondenza delle prese d’aria sul muso.

7) + 8) L’enorme spessore della plastica è stato riportato più o meno in scala.

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9) Diversi elevatori sono disponibili nel kit: a sinistra quello iniziale, a destro quello modificato. 10) Una volta completate tutte le parti separatamente si può iniziare il montaggio.

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Per rappresentare la trama del legno all’interno si inizia con una mano di Sail Color Gunze. Si bagna con il diluente. Si traccia la trama del legno con gli smalti e un pennello piatto vecchio. Il pannello di destra con la pompa a mano. A sinistra si trova la manetta fotoincisa, migliorata con la plastica e un filo di rame. Il cockpit: le imbragature sono del kit, la barra è di recupero.

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chiusa con il Parafilm. La zona dello scarico è stata colorata con il nero opaco Gunze e quindi mascherata prima di dipingere il velivolo con un azzurro chiaro 2086 Model Master. Le pannellature in fusoliera sono state riprese con una matita appuntita, mentre i dettagli in rilievo sono stati evidenziati con un lavaggio a olio dopo una mano di Future. Le centinature delle parti in tela sono state riprese con una matita scura, seguita da velature con il colore di fondo in modo da dare un lieve effetto trasparenza. Per la colorazione dei serbatoi alari e del radiatore è stato usati l’Aluminium Alclad II. Prima delle decal il modello ha ricevuto una generosa mano di Future. Il bordo nero di ali e impennaggi è stato disegnato con un pennarello. Una volta definiti i dettagli dei serbatoi e del 10

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7) Nonostante le dimensioni minuscole anche il pannello strumenti ha ricevuto una finitura di legno. 8) A fusoliera chiusa si vedrà ben poco: diamo quindi un’ultima occhiata. 9) Per avere la medesima deflessione degli elevatori il lavoro è stato fatto per sovrapposizione e usando colla plastica a lenta presa. 10) Si inizia la colorazione degli esterni.

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Montaggio radiatore con un gessetto grigio scuro, è stata applicata una mano finale di trasparente lucido. Le ruote sono state dipinte a pennello con il Fieldgray della Gunze, prima di aggiungere un poco di sporcatura.

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ASSEMBLAGGIO Con tutti gli elementi pronti e dipinti, inizia il montaggio finale. Tutti i terminali dei tiranti sono stati fissati alla fusoliera con la cianoacrilica. Dopo alcuni minuti i rinvii degli impennaggi sono stati inseriti negli appositi fori e qui incollati, poi è stato completato il carrello con l’aggiunta del semiasse e delle ruote con relativi cavi, infine sono state incollate le semiali con il corretto dietro e i relativi montanti. Una volta fissate stabilmente le ali alla fusoliera sono stati inseriti i tiranti, incollati con cianoacrilica liquida. I fori dei tiranti alari sono passanti, in questo modo è possibile metterli in tensione prima dell’incollaggio. I terminali in eccesso vanno ovviamente tagliati, delicatamente carteggiati e nascosti con un colpo di pennello. I tensori sono gocce di colla vinilica.

CONCLUSIONE Il montaggio di questo modello è stato tutto sommato facile e divertente. Qualche minima modifica e correzione è assolutamente normale per gli short run, anzi fa parte del divertimento. Non è comunque un kit consigliabile a tutti, occorre un poco di esperienza e di documentazione per arrivare degnamente alla fine. Certo, il risultato ripaga della fatica e costituisce un'aggiunta molto curiosa alla nostra bacheca.

1) Si colora prima la zona dello scarico. 2) Segue la mascheratura con il Parafilm; occorre premere il film sul modello per qualche secondo perché faccia presa.

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3) Si preme il film sul modello dentro ai dettagli. 4) Si taglia quindi la mascheratura direttamente sul kit. Occorrono un cutter nuovo e una mano ferma.

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Bibliografia Gray, P. & Thetford, O., German Aircraft of the First World War, Putnam & Company Ltd., 1970, ISBN 0 370 00103 6 Grosz, P.M., DFW T 28 Flea, Windsock Mini-Datafile Nr. 18, Albatros Publications Ltd., 2001, ISBN 19022207-33-5

5) Si rimuove l’eccesso di Parafilm. 6) Il modello pronto per la verniciatura. 7) Una volta asciutto il colore si rimuove la mascheratura con delicatezza. 8) I pannelli in negativo si evidenziano con una matita affilata; il risultato è più fine di quello ottenibile con un lavaggio. 9) Si colora il bordo in cuoio del cockpit e si dà una mano di Future. 10) Si applica un delicato lavaggio a olio attorno ai dettagli di fusoliera.

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1) Le parti in tela ricevono una mano di fondo, il primo passaggio nella riproduzione della centinatura. 2) Le centine si evidenziano con una matita colorata guidata da un righello. 3) Si dà una velatura del colore di fondo per riprodurre l’effetto trasparenza.

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4) Per le superfici metalliche di serbatoio e radiatori è stato usato l’Aluminium Alclad II. 5) Le decal si applicano senza problemi, basta un poco di aceto nell’acqua per ammorbidirle. 6) Il bordo nero è stato applicato con un pennarello.

Le ruote sono state dipinte a pennello.

Tutte le parti colorate prima del montaggio.

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1) Si inizia con i rinvii dei comandi. 2) Si prosegue installando l’asse tra i montanti. I tiranti sono stati fissati precedentemente alla fusoliera con la cianoacrilica.

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3) Per poter incollare i tiranti è necessario ripassare i fori in fusoliera per rimuovere la vernice. 4) Per facilitare il compito conviene fissare i tiranti prima di mettere le ali. 5) Ora si fissano le ali, il gel acrilico lascia abbastanza tempo per le necessarie correzioni. 6) I montanti sono molto delicati e possono rompersi facilmente. Tra l’altro hanno anche l’abitudine di schizzare via dalle pinzette con risultante frenetica sessione di ricerca sul pavimento. 7) I fori dei tiranti sono passanti, l’unico modo per incollarli in tensione. Conviene agire con simmetria perché i tiranti lavorano veramente e possono rompere le ali se si carica troppo un lato rispetto all’altro.

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8) Si verifica l’allineamento e la tensione. 9) Si tagliano gli eccessi a filo. 10) Si dà una leggera carteggiata. 11) Si ripassa con il colore e con gocce di vinile si simulano i tendicavi.

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FOCKE WULF 190 A4 Stavo quasi venendo alle mani con il kit in lavorazione che non voleva saperne di accordarsi con resine, fotoincisioni e plasticard quando decisi di prendermi una “pausa di riflessione”. Apro lo sportello del mobile e vedo la scatoletta del FW.190 A3 Tamiya in 1/72 che mi ammicca maliziosa: facile e senza tante pretese. Ma sì, da scatola, va bene. Osservo, riscontro, monto a secco, verifico i soggetti proposti: troppo perfetto, scontato, ordinario: non va bene. La soluzione? Una minima conversione e la ricerca di un soggetto più o meno originale.

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Montaggio Lo scorgo su un foglio decal della Tally Ho: mi colpisce quel “diecione” sulla fusoliera e il cofano motore altrettanto bianco. Cerco qualche foto in rete: le trovo e mostrano bene l’aereo. Ok, è fatta farò il FW.190 A4 del 1./JG 1 Wnr. 583 dell’Ofw. Fritz Husser a Deelen (Olanda) nel 1943.

A3 IN A4 Ma non si era detto “da scatola”? Con il Model Art alla mano è facile scovare l’evidente differenza strutturale: la tip sul piano verticale con l’astina che regge il tirante dell’antenna è caratteristica ma è anche disponibile, prodotto dalla Quickboost. Bene, ci aggiungiamo il minimo sindacale ovvero gli interni fotoincisi precolorati della Eduard, gli scarichi della Quickboost e le canne delle mitragliatrici della Air Master. Un attimo, va bene “da scatola” però non amo i modelli con le superfici mobili in posizione neutra. Quindi? Alettoni ed equilibratori li sistemo da me e i flap li recupero in fotoincisione (pure quelli Eduard). A posto così, acquistato il tutto si può iniziare.

COLORAZIONE Su un fondo grigio neutro marco le pannellature ad aerografo col nero opaco Humbrol 33 e concludo col nero a olio. La mimetica è la classica in RLM 74, 75 e 76 con macchie in coda solo in 75. I colori sono rispettivamente Gunze H68, H69 e H417 spruzzati in vari passaggi molto diluiti (70%) e a bassa pressione per far trasparire il preshading. Il cofano è in bianco Tamiya XF2 e giallo Gunze H413. Ho ripassato con gli oli solo le pannellature, usando il 76. Le foto mostrano l’aereo sostanzialmente pulito e senza tracce di fumi di scarico, tanto da poter affermare che l’unto riprodotto sul cofano motore è stata una “licenza modellistica”. Lucido Tamiya X22, decal, lucido Tamiya e opaco Gunze H20 (quest’ultimo diluito con il thinner per le lacche): la resa è ottima ma l’aerografo mi tiene il broncio per due giorni. Le decal della Tally Ho sono fantastiche, a patto di non strapazzarle troppo.

di Gianni Nardone Modello: conversione TAMIYA

Ringraziamenti alla mia Annamaria che, con pazienza smodata, scatta foto al modello di turno con il consueto e sonoro “che carino!”.

ABITACOLO Il colore delle fotoincisioni è abbastanza fedele (devo dire più da restauro che autentico) e pertanto gli ho adattato il Gunze H301 aggiungendo una punta di blu. Ho posto attenzione alla piega del pannello strumenti, che è formato da due parti disassate e parallele tra

loro: una goccia di trasparente lucido Humbrol (che preferisco agli acrilici in quanto più denso) ha simulato i vetrini degli strumenti. Ho aggiunto una scatoletta sulla consolle di destra e la manetta su quella di sinistra (l’impugnatura è bianca). La cloche a picchiare e virare a destra, un ritocchino alle cinture con gli oli per creare qualche contrasto.

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FUSOLIERA Eduard fornisce la palpebra del cruscotto in fotoincisione in quanto la parte originale in plastica ha molto spessore ed è priva delle due feritoie. Ho creato due battute in plasticard sottile per alloggiare la parte fotoinci-

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sa e ho simulato l’imbottitura salva testate con un sottile filo di plasticard. Tamiya ha riprodotto la copertura delle mitragliatrici unito al cofano motore. È l’unico vero handicap dello stampo: il pezzo appare grossolano anche se conserva un dettaglio sufficiente. Ho quindi separato le parti (copertura mitragliatrici e cofano motore) come era nella realtà. Ho eliminato le canne delle MG131 usando la lima a coda di topo e rifinito il tutto con carta abrasiva fine. La plastica asportata dal taglio è stata reintegrata con un sottile strato di plasticard. La parte anteriore della copertura delle mitragliatrici è stata assottigliata e da lì sbucheranno le canne in ottone, con buona pace delle giuste proporzioni imposte dalla piccola scala. Spostiamoci a poppa: rimosso il tip del piano di coda ho raccordato il taglio con plasticard sottile ed eliminato le fessure con stucco diluito. In questo modo la base di incollaggio per la tip della Quickboost sarà precisa e livellata. Per montare i flap estesi bisogna intervenire sul raccordo Karman, asportando parte del gradino a con-

tatto con la semiala. Le poche modifiche alle semifusoliere sono concluse e via con incollaggio e prova a secco col piano alare. Un sottile (ma proprio sottile) gap fra ali e fusoliera: stucco? Riempimento con plasticard sottile? No! Bastoncino di sprue incastrato di traverso e mosso fino a quanto la base della fusoliera si allarga quel poco che basta.

ALI Per separare più agevolmente le superfici mobili da ali e stabilizzatore ho inciso col cutter le rispettive linee di pannellatura; questo consente alla lama del seghetto di seguire una traccia profonda e tagliare più agevolmente. Cestinato il falso flap separato dall’intradosso ho rifinito alettoni ed equilibratori con l’aggiunta di plasticard e stucco. I flap della Eduard sono un bijou a prima vista ma richiedono l’uso di un piegafoincisioni e un po’ di impegno. Le parti indicate dalla freccia sono state piegate con le pinzette (si presentano piatte a forma di teneri cuoricini per assumere, dopo la piega, la tipica forma delle centine).

Col plasticard ho rifinito i lati del cassone e creato la battuta di chiusura dei flap. Dopo aver incollato fusoliera, ali e piani di coda il piccolo è pronto per il preshading. SKYMODEL

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L’esemplare raffigura un T28B in carico all’MCAS Kaneohe Bay's Station Flight, Hawaii, con codice "KB" e con lo schema Trainer interamente bianco con zone rosse.

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di Akira Watanabe Modello: RODEN

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Montaggio Il T-28 Trojan è uno dei miei aerei preferiti, sono stato molto contento di sapere che la Roden avrebbe prodotto il kit in scala 1/48. Appena aperta la scatola sono rimasto entusiasta della qualità e dei dettagli, tanto che ho voluto iniziare subito. Combinazione ha voluto che nel 1977 avessi fotografato a Kaneohe Bay, Hawaii, esattamente l’esemplare raffigurato sulla boxart e compreso nel foglio decal, il T-28B (BuNo.137692 codice "KB"). Non ho quindi nemmeno avuto il dubbio su quale esemplare realizzare.

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Oltre al kit ho comprato alcuni set di aftermarket come le fotoincisioni Eduard, il set in resina per il cockpit della Aires e le parti Quickboost, sempre in resina, per l’aerofreno, oltre ai carrelli in metallo SAC. Sul carrello ho aggiunto un poco di dettaglio con pezzetti di plasticard sagomati e i tubi dei freni riprodotti in filo di rame. Le pannellature presenti sul kit sono sostanzialmente corrette, tuttavia mancano tutte le rivettature, che è stato necessario incidere con un rivettatore sulla base dei disegni in scala. Quelle maggiori, in particolare presenti sul cofano motore, sono state delicatamente riprese con una sottile punta di trapano. Prima di spruzzare il bianco e il rosso ho applicato un primer per scovare eventuali difetti di montaggio, scalini o fessure. Una volta corretto tutto, ho

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steso diverse mani di bianco su tutto il modello, poi ho mascherato e sono passato al rosso sul fondo bianco. Una volta tolte le mascherature ho dovuto correggere alcune imperfezioni. Utilizzo sempre i Mr. Hobby Color Creos, che sono lacche, danno una ottima finitura, sono resistenti e facili da correggere. Per le parti metalliche ho mescolato il Silver con una punta di nero, in modo da spegnere l’eccessiva lucentezza. Per i fumi di scarico uso invece gli smalti, che, avendo un solvente diverso dalle lacche, sono facilmente rimovibili in caso di errore. Per i lavaggi, soprattutto su velivoli chiari come in questo caso, preferisco usare tonalità di grigio sporco a smalto Tamiya piuttosto che i soliti marroni seppia, perché ciò rende più l’idea di ciò che si vede sugli aerei veri. SKYMODEL

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AGUSTA BELL AB205 Praticamente identico al predecessore Bell model 204, il Bell 205 ha una fusoliera allungata con aumentata capacità di carico. Il principale costruttore di questi elicotteri è stata l’Agusta, che realizzò su licenza la versione italiana AB205 del Bell UH1D. La macchina, che ha dato innumerevoli prove della sua affidabilità e polivalenza, è stata prodotta in grandi quantità per le forze armate italiane e di altri Paesi. Grazie a numerose migliorie l’elicottero è stato adattato a operare in climi usuranti come il deserto. L’armamento che può porta-

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re comprende mitragliatrici fisse o brandeggiabili, missili e razzi. Sono previsti kit di blindatura specifici per l’equipaggio. Il motore è l’affidabile Avco Lycoming T53-L-13b da 1044 kW.

ARMAMENTO Mitragliatrice da 7,62 mm o da 12,7 mm, Minigun da 7,62 mm, razziere da 70 mm e missili AS.12 o TOW Massa A vuoto 2715 kg; massima al decollo

di Simone Marcato

4310 kg Diametro rotore principale 14,71 m, lunghezza con rotore in moto 17,39 m; altezza 4,48 m; superficie del disco del rotore 169,95 mq Prestazioni Vmax 220 km/h; V crociera 205 km/h; raggio d’azione 580 km Equipaggio 2 uomini

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Questo Agusta-Bell AB205A fotografato all’IMAS a Marrakech lo scorso 27-30 aprile è dotato di un sistema per spruzzare veleno anti locuste.

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Numerose viste di dettaglio del velivolo.

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MiG-29A Exhaust nozzles, Ejection seat, Cockpit

M-2 Browning guns

AH-64D Block II

BRASSIN 1/72 ART. 672091, 672093, 672094

BRASSIN 1/72 ART. 672092

EDUARD 1/72 ART. CX438

Non stiamo qui a giudicare il kit del Mig 29A di Trumpeter 1/72 a cui sono dedicati questi tre set, non ho visto il kit ma ho solo notato, almeno nei kit di qualche annetto fa, come la costruzione dei kit del brand cinese sia abbastanza contorta e con forme non del tutto rispondenti, spero che questi gap siano stati superati; Brassin fa la sua parte proponendo per questo nuovo kit una serie di aftermarket utili al miglioramento; in questo caso abbiamo degli scarichi con lastrina di fotoincisione per l’interno degli ugelli, un sedile di espulsione corredato anch’esso da parti in metallo atte a completarlo( le cinture sono pre colorate), ed infine un bel cockpit in resina che va ben a sostituire quello originale del kit; questo è composto da vasca, seggiolino, cruscotto e cloche in resina, fotoincisioni pre colorate per gli interni e dettagli color metallo, e quindi da colorare, per i frames del cockpit.........tutto molto bello. EG

Sei belle mitragliatrici per bombardieri americani, la Brassin è stata lungimirante come sempre a proporre le modalità fisse e brandeggiabili dal gunner. Poche modifiche per realizzare la seconda versione: le maniglie per impugnarla, la leva

Delle mascherine per l’ampia vetratura di questo kit Academy , il migliore Apache in 1/72 in circolazione. EG

di riarmo ( destra o sinistra) e vari mirini; tutti questi accessori sono in metallo e vanno incollati alla ciano sul corpo principale in resina. Per le mitraglie fisse invece bisogna aggiungere una culatta in fotoincisione ed I perni laterali in resina di aggancio. Per chi vuole realizzare un B-17 o un B-24 si accomodi pure, questo è il set ideale. EG

I-153 Chaika EDUARD MASK 1/48 ART. EX497 Queste mascherine adesive permettono di dipingere agevolmente i montanti del parabrezza e le ruote del Polikarpov I-153 prodotto dalla ICM. M.M.

VENDITA PER CORRISPONDENZA, SENZA LIMITI DI ORDINE, CONTATTI ORE NEGOZIO DAL LUNEDÌ POMERIGGIO AL SABATO DALLE ORE 09,00 ALLE 12,30 E DALLE 15,30 ALLE 19,30.

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MIRAGE IIIC ESCADRILLE DE CHASSE 3/10 VEXIN, 1978-1988

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Montaggio

di Pier Paolo Maglio Modello: ITALERI

In un momento in cui molti produttori si focalizzano sulle più recenti versioni di MiG e Sukhoi, è bello vedere una novità relativa agli anni Settanta e Ottanta, specie nella scala 1/32 che ha ancora tanti soggetti inesplorati come questo Mirage che, nella variante IIIC, non esisteva ancora nella scala maggiore. All’apertura della scatola ho subito avuto un’impressione di dejà vue, avevo infatti ultimato da poche settimane il kit del Mirage IIIOE in 1/48 di

una nota azienda cantonese e questo nuovo stampo Italeri pare avere tanto in comune con quello, con l’aggiunta di qualche (positivo) accorgimento nella diversa scomposizione delle ali e qualche rattoppo inserito per modificare una fusoliera – che a me è parsa nata come IIIE – nella versione precedente IIIC. Infatti, ad esempio, alla base della deriva troviamo un’area rettangolare più bassa di qualche micron rispetto alla fusoliera circostante, un problema che sarà facilmente risolto con una buona spruzzata di Mr. Surfacer. (1)

IL PANNELLO STRUMENTI Ma andiamo nel solito ordine, partendo così dal cockpit: qui notiamo subito che il pannello strumenti fornito da Italeri è quello del Mirage IIIE, o comunque di una versione più avanzata del IIIC. Fortunatamente Eduard

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ha già realizzato diversi set di fotoincisioni per il kit e, fra questi, quello per gli interni comprende un nuovo pannello strumenti con la disposizione degli strumenti corretta per la versione C.

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IL COCKPIT

LA FUSOLIERA

Ho quindi proceduto ad assemblare tutto il cockpit guarnendolo con il resto delle fotoincisioni e dipingendolo col NATO Black Tamiya. L’interno del caccia francese era infatti in nero opaco, ma l’utilizzo di un nero un po’ desaturato aiuterà a mettere in risalto i dettagli presenti in abbondanza. In questa fase è importante non seguire pedissequamente le istruzioni e non incollare i due pannelli alti delle console laterali, questi infatti hanno incastri poco precisi e influiscono molto sulla possibilità di chiudere adeguatamente la fusoliera; è quindi meglio inserirli dopo, facendoli semplicemente calare dall’alto.

L’assemblaggio non è fra i più precisi, ma risulta comunque semplificato grazie al fatto che le prese d’aria e la parte inferiore sono pezzi separati. Ho preferito aggiungere striscioline di plasticard nella zona di raccordo fra le prese d’aria anteriori e posteriori onde poter re- incidere con maggior precisione quell’area; infatti, proprio al centro si trova una presa d’aria ausiliaria di forma rettangolare (sempre aperta quando il velivolo è in rullaggio) e sul kit questo rettangolo rimane malamente diviso in due dalla linea di giunzione e l’aggiunta della strisciolina di plastica renderà più semplice e precisa la ripresa delle

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linee incise. Nella parte inferiore invece la giunzione delle prese d’aria è praticamente perfetta ed è bastata una passata col correttore liquido per macchina da scrivere a colmare la linea di giunzione, che in quella zona è piuttosto movimentata.

IL PARABREZZA Navigando sul web notavo che alcuni colleghi modellisti avevano già portato a termine il lavoro su questo kit e tutti presentavano uno scalino piuttosto netto fra il parabrezza e la fusoliera anteriore. Nel mio caso questo scalino era forse anche più evidente, ho quindi provveduto a colmarlo aggiungendo 3 pezzettini di carta plastica tutto intorno al frontale del parabrezza per poi carteggiarli e portarli a filo col parabrezza. Le foto del velivolo vero infatti non evidenziano alcuno stacco né alcuna pannellatura fra parabrezza e fusoliera.

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LE PRESE D’ARIA Sono costituite da condotti molto lunghi che portano sino al primo stadio del compressore, sinceramente le trovo assolutamente inutili in quanto sono molto strette e curve, neanche puntandoci una torcia elettrica si riesce a vedere sino in fondo; in questo caso avrei preferito che il fabbricante avesse dedicato maggior attenzione alla parte iniziale delle prese d’aria, ove la scomposizione in 3 pezzi resta difficile da rendere priva di giunture perché gli spazi su cui lavorare sono davvero minimi.

I CANNONI DEFA Quelli che dovrebbero sembrare i cannoni da 30 mm sono veramente dei pezzetti di plastica mal riusciti. Li ho perciò prontamente rimpiazzati con delle sezioni di tubicino di ottone; per simulare il parafiamma anteriore (completamente dimenticato dal costruttore ma sempre ben visibile

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nelle foto) ho tagliato il tubo in 3 segmenti nella sua parte anteriore, utilizzando la rondella di pietra abrasiva agganciata al trapanino Dremel. I parafiamma nella realtà avrebbero dovuto avere un diametro doppio rispetto alle canne, ma non disponevo di tubicini di ottone di diametro diverso e i bastoncini cotonati col manico in plastica, che usavo un tempo per questo genere di autocostruzioni, non sono più reperibili, quindi mi sono dovuto accontentare.

ALI E DERIVA Sono i pezzi meglio realizzati di questa scatola, presentano incisioni fini e precise e si montano senza patemi. Occorre comunque fare attenzione ai bordi di uscita alare, che devono rimanere bene aperti onde consentire l’inserimento degli ipersostentatori. Al fine di assicurarmi che l’ala andasse a filo con la fusoliera, sia sopra sia sotto, ho inserito un cartoncino – con funzione di distanziatore –

fra l’ala superiore e quella inferiore, lasciandolo in posizione fino a quando la colla non ha tirato.

LE RUOTE Mancano un po’ di dettaglio e ho quindi preferito sostituirle con quelle in resina prodotte dalla Eduard. Per i carrelli ho optato su quelli in metallo della SAC, che garantiscono migliore tenuta su modelli tanto grandi e pesanti; ricordate che i due fari presenti nella scatola non vanno applicati alla gamba di forza del carrello anteriore, questa modifica infatti fu introdotta solo dal Mirage IIIE ed è curioso che il produttore le abbia inserite in un modello dedicato al Mirage IIIC.

LA COLORAZIONE Ho realizzato il Mirage n° 44 della Escadrille de Chasse 3/10 Vexin di stanza a Gibuti, nel corno d’Africa, fra il 1978 e il 1988, gli unici IIIC francesi a essere modificati per l’impiego dei missili a guida infrarosso Matra Magic 550 al posto degli obsoleti AIM9B. I Magic venivano montati sotto le estremità alari ai tipici lanciatori disassati verso l’esterno per evitare che l’impennaggio

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dei missili (più grande rispetto a quello dei Sidewinder) interferisse col movimento degli elevoni. Fra le modifiche alle decal non posso non menzionare la necessità di ritoccare a mano il “moschettiere” che andrà applicato sulla parte destra della deriva, quello fornito ha infatti un blu troppo scuro e brillante; in questo caso ho usato degli acrilici Vallejo (blu medio e bianco) stesi con un pennellino 000. I due moschettieri così grandi furono portati solo sino alla fine del 1987, poi si aggiunse uno scudo giallo in coda e i moschettieri furono dipinti all’interno di quest’ultimo in dimensioni estremamente ridotte. Con le insegne fornite dalla scatola non è quindi possibile realizzare un Mirage estremamente usurato come era nel 1988 all’avvicinarsi della data di ritiro dal servizio attivo.

INVECCHIAMENTO Con un fading a olio ocra ho uniformato un poco il tono dei due colori della mimetica. Ho evidenziato alcune zone selezionate della fusoliera posteriore e dei bordi di uscita alare usando grigio scuro e nero molto diluiti. Grigio scuro molto diluito è stato applicato anche alla parte

superiore del radome, ove più forte doveva essere stata l’azione del sole africano. Due mani pesanti di Future mi hanno consentito di vincere la rugosità originaria della plastica e le decal sono andate su a meraviglia, nemmeno quelle da me ridipinte (sia a spruzzo sia a pennello) hanno dato problemi. Fortunatamente i velivoli della Vexin avevano un numero di stencil ridotto, ho quindi potuto evitare di applicare quelli con errori di ortografia. Nello stendere la mano di opaco sono partito dal Tamiya XF-86 Flat Clear, al quale ho aggiunto qualche goccia di color sabbia onde dare una patina generale a tutto il modello, decal incluse. Ho messo in risalto le pannellature utilizzando inchiostri per calligrafia giapponese nei toni seppia e giallo ocra. L’aggiunta delle antenne radio (gialle) sul dorso dei missili inerti, dei serbatoi supersonici e dei portelli carrello mi ha portato a concludere un progetto piuttosto complesso ma estremamente piacevole, che rappresenta al meglio uno dei caccia dalla linea più “sexy” che

abbia mai visto la luce. Concludendo posso dire che questo nuovo modello della casa bolognese va a colmare un'importante mancanza in scala 1/32, consentendoci di realizzare uno dei caccia che ha veramente fatto la storia negli anni Sessanta e Settanta. I difetti che ho evidenziato sono quasi tutti risolvibili con aftermarket o con un minimo di lavoro di autocostruzione, che non dovrebbe mai mancare in questo hobby. Peccato per il foglio decal che presenta veramente troppi errori, confido in futuro in una riedizione con stencil e colori corretti e, magari, con le insegne dei Chavaliers du Ciel. SKYMODEL

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TORNADO ECR Lo sviluppo del Tornado ECR derivò da una richiesta specifica della Luftwaffe che ne ordinò 35 esemplari, consegnati tra il 1990 e il 1992; anche l'Italia decise di sviluppare una propria versione da guerra elettronica del 36

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Tornado, che, essendo leggermente diversa da quella tedesca, venne chiamata ITECR. Il Tornado ECR italiano è equipaggiato con un sistema per l'individuazione dei radar e ha la capacità di lanciare i missili antiradiazioni AGM-88 HARM; è sprovvisto dei due cannoni ma è dotato di un FLIR posizionato in prossimità del vano carrello anteriore.

Sedici velivoli vennero convertiti allo standard IT-ECR, con il primo consegnato al 50° Stormo nel 1998.

IL MODELLO Il Tornado Revell risale ormai a una ventina di anni fa e il primo kit che uscì era dedicato alla versione IDS tedesca, molto simile all’IDS italiana; in seguito vennero prodotte la versione GR1 inglese e la versione ECR tedesca, che includeva una stampata aggiuntiva con due missili HARM e con le altre parti peculiari della versione da guerra elettronica. Gli aspetti positivi sono la sostanziale accuratezza delle forme, un carrello molto robusto, delle pannellature

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Montaggio fini e posizionate correttamente e una discreta varietà di carichi; gli aspetti negativi riguardano la totale mancanza del condotto delle prese d’aria e lo scarso livello di dettaglio nel cockpit, nei vani carrello e in molti altri particolari. Inoltre, a causa della forma squadrata della fusoliera e del conseguente sottosquadro in fase di stampaggio, in alcune zone le pannellature sono del tutto assenti. Le versioni GR1 inglese e l’ECR tedesco sono leggermente differenti dalle equivalenti versioni IDS ed ECR ita-

di Lorenzo Borgesa Modello: REVELL

Il cockpit dell’Aires ha un dettaglio eccezionale e si inserisce in maniera quasi perfetta nella fusoliera del kit. L’unico problema è che rappresenta il cockpit del Tornado GR1 inglese e per questo motivo ho dovuto apportare alcune modifiche per rappresentare il cockpit corretto di un ECR italiano. Nel cruscotto anteriore ho eliminato lo schermo circolare centrale e l’ho sostituito con uno quadrato realizzato in plasticard da 0,25 mm; nella parte alta ho sostituito i due schermi rettangolari con due circolari, mentre sulla palpebra ho ricostruito il pannello di controllo dell’autopilota. Nel cockpit posteriore ho ricostruito il pannello rettangolare in basso a sinistra e ho eliminato alcuni dettagli sul cruscotto del navigatore andandoli a sostituire con delle parti ricavate dal corrispondente cruscotto del kit. Sul bordo del cockpit ho anche aggiunto qualche dettaglio ulteriore, come nel caso della guarnizione di pressurizzazione e dei ganci di chiusura del canopy.

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Sui sedili ho aggiunto il tubo dell’ossigeno e quello della tuta anti-G realizzandoli con filo di rame arrotolato su una punta di trapano.

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Montaggio Dopo aver collegato le due parti della fusoliera ho incollato le due prese d’aria e poi ho reinciso i due lati della fusoliera poiché anch’essi apparivano totalmente lisci.

L’alloggiamento della maniglia di espulsione del tettuccio è stato rifatto a partire da un foro che ho poi chiuso con del plasticard; la maniglia è stata costruita in plasticard, colorata e dotata del filo metallico. Il tutto è stato coperto con un disco trasparente di acetato.

liane; le differenze tuttavia si concentrano a livello del cockpit e sono facilmente rimediabili con una buona documentazione. Per realizzare il mio modello ho usato la scatola dedicata all’ECR, che permette di realizzare uno “special color” tigrato del 32° Stormo di Lechfeld.

La sacca gonfiabile in cui si ritrae l’ala è totalmente assente nel kit; per questo motivo ho creato un’apertura di forma rettangolare e, dopo averne chiuso il fondo con del plasticard, ho ricostruito la sacca alare con dello stucco bicomponente Tamiya lavorato con un cutter e uno stuzzicadenti per ricreare la sua forma ondulata. Nella parte destra della fusoliera ho ricreato l’apertura rettangolare dello scarico dell’APU, ricostruendo parte del condotto interno con plasticard da 0,25mm.

IL MONTAGGIO Questa volta ho iniziato la costruzione partendo da quella che in un modello con ali a geometria variabile è la parte più complessa, cioè la

zona di rotazione delle ali, sicuramente la più problematica del modello Revell perché, se montate da scatola, le ali lasciano una notevole fessura e inoltre assumono una posizio-

ne leggermente arretrata che contribuisce a ingrandirla. La prima cosa che ho fatto è stata quella di tagliare i perni di rotazione delle ali e riposizionarli circa 2 mm

La vasca e i sedili sono stati colorati con l’XF-19 Tamiya leggermente schiarito; dopo una desaturazione con lo stesso colore ulteriormente schiarito, ho eseguito un lavaggio con un grigio scuro a olio, dopodiché tutto il resto del cockpit e dei sedili è stato colorato con gli acrilici Vallejo. Nel caso dei sedili ho usato una tecnica figurinistica che mi ha permesso di evidenziare gli innumerevoli dettagli dei sedili stessi e la conformazione di alcune aree particolari come le cinture e il poggiaschiena imbottito.

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Il tubo di Pitot proviene dal catalogo Master ed è di una finezza eccezionale.

più avanti e verso l’interno della fusoliera, approfittandone per inserire nei perni due spezzoni di un chiodo per irrobustire il tutto. Dopo aver montato le semiali e averne assottigliato il bordo d’uscita, le ho incollate in posizione fissa a 45° di freccia sulla semifusoliera inferiore; per tentare di ridurre le dimensioni della fessura intorno all’ala ho eliminato circa 4 mm dal bordo inferiore della fusoliera superiore, limitando questo taglio alla zona centrale in modo da non andare a modificare la 40

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Montaggio

Dopo aver ricostruito la struttura interna degli aerofreni ho dettagliato i loro vani con del filo di stagno; i portelloni dei carrelli sono riprodotti molto bene e ho aggiunto solo alcuni cavetti realizzati con filo di stagno. Gli scarichi Aires si adattano piuttosto bene alla fusoliera, bisogna soltanto assottigliare dall’interno le due “guance” che si trovano all’esterno dei motori e che proteggono gli ingranaggi di attuazione degli inversori di spinta.

I missili HARM provengono da un set CMK; sono stampati molto bene e si assemblano senza problemi particolari.

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I carrelli sono molto robusti e con una forma corretta; ho aggiunto i tubi idraulici dei freni sul carrello posteriore, mentre su quello anteriore ho aggiunto alcuni cavi elettrici, rifatto le molle che si trovano nella parte superiore della gamba e scavato con una fresetta il compasso antitorsione.

I trasparenti sono limpidi e sottili; il canopy è sprovvisto delle tubazioni interne di sbrinamento, che ho quindi provveduto a ricostruire con tubicini di plastica di vari diametri e fili metallici. Nella parte posteriore ho inserito due perni metallici inclinati. All’interno del parabrezza ho ricostruito la struttura di rinforzo con due listelli di plasticard da 0,5 mm.

forma nella parte posteriore della fusoliera, cosa che mi avrebbe poi impedito di inserire correttamente i due scarichi. Dopo aver incollato i vani carrello nella semifusoliera inferiore ho incollato quella superiore, andando a inserire degli spezzoni di sprue all’interno della fusoliera allo scopo di irrobustire il tutto. A questo punto ho colato qualche goccia di cianoacrilato sotto al guanto alare, cioè la struttura che copre la zona di rotazione dell’ala, poi, usando un morsetto, l’ho schiacciato sull’ala andando così a eliminare quasi del tutto le fessure; ne è rimasta solo una nella parte anteriore del guanto, che ho chiuso con dello stucco bicomponente. I condotti delle prese d’aria sono totalmente assenti; fortunatamente la forma rende molto difficile vedere l’interno della fusoliera, però, per evitare problemi durante la costruzione, ho ricostruito due “fondi” di forma semicircolare che, una volta colorati di nero, ho incollato alla fusoliera posteriore in prossimità delle prese d’aria; in questo modo, anche guardando dentro le prese d’aria, non si vede

l’interno vuoto della fusoliera. Il cockpit in resina è stato inserito nella fusoliera anteriore senza problemi particolari, tranne un leggero adattamento della palpebra del cruscotto. Prima di collegare la fusoliera anteriore con quella posteriore ho reinciso la parte inferiore in quanto totalmente liscia a causa del sottosquadro dello stampo. Nella parte superiore della fusoliera si è creata una fessura piuttosto larga, che ho colmato con plasticard e cianoacrilato.

LA COLORAZIONE Dopo aver mascherato il parabrezza e l’interno delle prese d’aria ho eseguito un preshading lungo le pannellature, usando un grigio molto scuro. Per colorare il modello ho acquistato il colore MrPaint MRP-95, equivalente al Federal Standard 36280. Sebbene il colore nella boccetta appaia perfetto come tonalità rispetto all’originale, una volta aerografato si è dimostrato molto più scuro del previsto; non avendo a disposizione il bianco MrPaint, l’ho miscelato con

La bocca di squalo Dopo aver posizionato le mascherine sul modello ho aerografato il bianco, dopodiché ho coperto i denti e aerografato il nero; alcune piccole sbavature sono state corrette a pennello con i Vallejo. L’occhio è stato ottenuto sempre con una mascherina di nastro adesivo, mentre la pupilla è un pezzo di decal nera; il bordino nero che circonda la bocca è una strisciolina di decal, mentre il contorno dell’occhio è stato realizzato a mano libera con una matita morbida.

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Montaggio

Dopo alcune mani di Future diluita con l’X-20 Tamiya ho iniziato la posa delle decal provenienti dai fogli Tauromodel 32532 (stemmi di reparto e codici) e 32526 (stencil); nonostante non siano recentissime, le decal sono di ottima qualità, molto fini e con un supporto trasparente minimo. circa il 40% di bianco Gunze, ottenendo così una tonalità di grigio perfetta per rappresentare il FS 36280. Dopo aver steso alcune mani leggere in modo da non coprire del tutto il preshading ho mascherato alcuni pannelli e poi li ho aerografati con il colore di base ulteriormente schiarito con del bianco; a questo punto, sul-

l’intero modello ho steso due mani leggere di Future. Prima di posare le decal ho realizzato la bocca di squalo sul muso; il velivolo che ho rappresentato è il 50-43, cioè il primo sul quale è stata apposta una sharkmouth. Alcuni anni dopo le bocche di squalo vennero leggermente modificate, quindi per questo modello ho

dovuto realizzare un bocca “primo tipo”; per far ciò sono partito da alcune foto che, tramite l’elaborazione con un programma di grafica, mi hanno permesso di stampare le mascherine in scala che sono poi state trasferite su nastro adesivo. Dopo un lavaggio nelle pannellature con un grigio scuro a olio ho sigillato

Con un pastello grigio scuro ho realizzato i segni lasciati dalle scarpe degli specialisti. L'effetto creato dagli inversori di spinta sulla deriva è stato realizzato ad aerografo utilizzando il nero lucido Tamiya diluito al 90% circa con alcool rosa; ho usato il nero lucido perché a differenza dell’opaco tende ad assumere una tonalità marrone e l’alta diluizione con l’alcool lo fa diventare praticamente opaco al momento della stesura.

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La corda esplosiva all’interno del canopy è stata realizzata con strisce sottili di decal vergine colorata di grigio medio e piegata con massicce applicazioni di Microset. Le tubazioni interne di sbrinamento sono state colorate con i Vallejo, dopodiché il tettuccio è stato mascherato e colorato all’esterno.

Gli scarichi sono stati colorati con una basi di Jet Exhaust Alclad e poi lumeggiato con alcuni dry-brush effettuati con alluminio e argento Model Master.

il tutto con una mano di Future e ho poi opacizzato il modello; a questo punto ho effettuato l’invecchiamento generale utilizzando esclusivamente il nero a olio, che ho depositato in piccole quantità sul modello, steso con un pennello di medie dimensioni e subito dopo asportato con un pennello piatto inumidito di acquaragia, cercando di variare la quantità di colore asportato in funzione del livello di sporcatura delle varie zone del velivolo. SKYMODEL

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Montaggio

I carrelli sono stati colorati con il bianco opaco seguito da una mano di bianco lucido; dopo un lavaggio con un grigio molto scuro ho effettuato l’invecchiamento usando sempre il nero a olio steso sul pezzo e poi asportato selettivamente.

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F4F-4 della USS Suwanee (ACV-27) 1942/43. Il cerchio giallo attorno alle coccarde usato durante l’operazione Torch è chiaramente visibile.

GRUMMAN F4F WILDCAT Il prototipo XF4F-2; il primo monoplano della Grumman ebbe il battesimo dell’aria il 2 settembre del 1937. Il velivolo andò distrutto l’11 aprile 1938 durante le prove di appontaggio.

La cabina di pilotaggio dell’XF4F-3.

Un protagonista minore della seconda guerra mondiale eppure fondamentale in un periodo critico; non solo gli americani ma anche i britannici poterono tenere testa al nemico grazie al robusto caccia Grumman. 46

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Storia XF4F-1 E -2 Come l’F3F, la prima serie dell’F4F-1 Grumman in gara per un nuovo caccia imbarcato nel 1935 doveva essere un biplano, ma nacque già obsoleto se confrontato con i progetti più moderni come l’XF2A-1 della Brewster. Anche la nuova versione XF4F-2 (codice di fabbrica G-18), il primo caccia monoplano interamente metallico, che fece il suo volo inaugurale il 2 settembre del 1937 con un motore a doppia stella XR-1830-66Pratt & Whitney, non era all’altezza del Brewster Buffalo. L’11 aprile 1938 l’XF4F-2 venne danneggiato durante le prove di appontaggio. La Navy scelse il Brewster F2A-1, ma la Grumman fu incaricata di proseguire lo sviluppo dell’F4F.

I test nella galleria del vento della NACA nel giugno del 1939 portarono a diverse migliorie sull’XF4F-3.

Un F4F-3 in NS Blue Grey su Light Grey con le bande bianche e rosse, nel febbraio del 1942.

F4F-3

Questo F4F-3 nel 1942 presso la NACA.

All’incidente del -2 Seguì il prototipo XF4F-3 con codice di fabbrica G-36, che fece il volo inaugurale il 12 febbraio 1939. Il nuovo caccia, con velocità massima di 535 km/h e armato con due mitragliatrici da 7,62 mm in fusoliera oltre a due da 12,7 mm nelle ali, fu accettato dalla Navy con l'as-

Su questo F4F-3 presso la NACA (oggi NASA) in Langley vennero testate le maniche alle radici delle pale per migliorare il raffreddamento del motore.

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Manutenzione di un F4F-3 nell’hangar della USS Enterprise nell’ottobre 1941. F4F-3S, la variante idro del Wildcat chiamata Wildcatfish. Fu realizzato un solo esemplare.

segnazione di un contratto per 54 esemplari nell’agosto del 1939. Un anno dopo era pronta la prima macchina di serie F4F-3. Poiché non vi erano abbastanza motori R-1830-76, la Grumman fece ricorso all’R-183090. Le macchine dalle prestazioni inferiori furono chiamate F4F-3A. Il 5 dicembre 1940 lo squadron US Navy VF-4 (poi chiamato -41) della USS Ranger ricevette il nuovo caccia. Seguirono il VF-7 (-71) della USS WASP e gli squadron USMC VMF121, -211 e -221. Dotati di un motore Pratt & Whitney R-1830-76 con alimentazione a due stadi e una potenza di 1200 CV (1050 CV a 5300 m) e ala a metà fusoliera, erano molto compatti e dotati di prestazioni interessanti. Erano adatti all’impiego imbarcato ma anche da terra, anche se c’erano problemi vari da risolvere. Il comportamento in volo era soddisfacente, grazie alla bassa velocità di stallo gli atterraggi erano facili, ma il decollo richiedeva attenzione. Il pilota sedeva comodo e aveva una buona visuale tranne che verso il retro. Nel volo di crociera il tettuccio poteva rimanere aperto oppure venire sganciato in emergenza. Il carrello principale dalla carreggiata stretta doveva essere retratto con 30 giri di manovella. Il ruotino di coda era fisso. Per facilitare l’atterraggio notturno, nell’ala sinistra si trovava un faro che si accendeva automaticamente con l’uscita del gancio di appontaggio. In caso di ammaraggio era previsto un canotto nella carenatura dorsale, dietro all’antenna. L’armamento della serie F4F-3 era composto da quattro Browning M2 da 12,7 mm nelle ali. Il 1 ottobre 1941 l’F4F ricevette ufficialmente il nome di Wildcat.

F4F-4 Nel novembre del 1941 fece la sua comparsa la versione F4F-4. L’innovazione principale era rappresentata dalle ali ripiegabili che ruotando di 90° si ponevano ai lati della fusoliera per facilitare lo stivaggio negli hangar delle portaerei. La larghezza scendeva così da 11,58 m a 4,37. Anche se il prototipo prevedeva un meccanismo idraulico di ripiegamento, per ragioni di peso non venne installato. Le armi di bordo vennero portate a 6 F4F-4 Wildcat sulla USS Ranger provano le armi nel novembre del 1942 durante l’Operation Torch, lo sbarco alleato in Nordafrica. 48

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Storia Browning alari. La conseguenza fu la riduzione delle munizioni che passarono a 1440 colpi, ovvero 240 per arma, cosa criticata dai piloti che preferivano avere meno armi ma più munizioni. L’F4F-4 era dotato di un R-1830-86

Donald E. Runyon nel suo F4F-4 del VF-6 sulla Enterprise abbatté otto aerei giapponesi. Per proteggere il pilota in caso di atterraggio forzato, il traguardo Mark 8 era dotato di una imbottitura di cuoio.

Wildcat nell’hangar della USS Long Island a metà giugno del 1942. Ai lati sono stivati ricognitori del tipo Curtiss SOC-3A Seagull.

Double Wasp, già usato su diversi F4F-3. Alimentato a due stadi, erogava 1200 CV a 2700 giri. A livello del mare erogava 1100 CV con 2550 giri, mentre a 6000 m scendeva a 1000 CV. L’elica era una Curtiss C5315 tripala metallica, con un diametro di 2,98 m. Come già sull’F4F-3, sotto ogni semiala c’era un pilone per una bomba da 100 libbre (45 kg). Mentre pochi F4F-3 avevano serbatoi autostagnanti, sugli F4F-4 questi erano standard e contenevano 545 l (di cui 102 l nel serbatoio ausiliario), 10 di meno del predecessore; grazie a due serbatoi sganciabili potevano essere aggiunti 440 l. A causa dell’aumento di peso le prestazioni dell’F4F4 erano inferiori a quelle dell’F4F-3. L’emblema dello Squadron VF-5 su Wildcat, chiamato “Fighting Five” o “The Striking Eagle”.

F4F-3P/-4P I Wildcat da ricognizione fotografica ricevettero il suffisso P. Le macchine fotografiche erano alloggiate in fusoliera, al posto del serbatoio interno.

Furono convertiti 17 F4F-3 e un F4F4.

F4F-5 E -6 Due velivoli della serie F4F-3 dotati di

I Martlet II britannici della Royal Navy in mimetica grigia e verde sulla base di La Senia in Algeria nel dicembre del 1942.

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FM-2 “Smokey’s Lucky Witch” con il pilota Darrell C. Bennet a bordo della USS Gambier Bay nell’agosto del 1944.

motori R-1820-40 Cyclone e in seguito rimotorizzati con i R-1820-48 e R1820-54 vennero denominati F4F-5. L’F4F-6 con l’R-1830-90 fu prodotto come F4F-3A.

F4F-7 Solo 21 ne furono realizzati. Una versione disarmata da ricognizione con ali allungate, una macchina da presa e serbatoi aggiuntivi. Con l’impressionante dotazione di 2630 l di carburante di cui 2100 nelle ali, l’F4F-7 poteva percorrere 6000 km e rimanere in aria 25 ore. Il pilota era assistito da un autopilota. In caso di l’emergenza il carburante poteva essere espulso con due pompe. Il peso superfluo era stato interamente eliminato, blindovetro compreso. Il peso massimo al decollo era di 4680 kg.

F4F-3S Sulla base dell’A6M-2N Rufe, lo Zero idrovolante, fu realizzato un F4F-3S dotato di due scarponi galleggianti, con volo inaugurale il 23 febbraio 1943, che venne chiamato Wildcatfish. Doveva essere impiegato da isole prive di piste, ma con una velocità massima di 385 km/h e prestazioni deludenti l’idea venne presto abbandonata.

FM-1 Per concentrarsi sull’F6F Hellcat, la Grumman passò la produzione del Wildcat alla General Motors, con relativo cambio di denominazione. L’FM-1 era praticamente un F4F-4 dotato però come l’F4F-3 di sole 4 armi alari con 430 colpi ciascuna. L’FM-1 doveva equipaggiare le piccole portaerei di scorta mentre il pesante e moderno Hellcat sostituiva il

FM-2 Wildcat in volo sulla USS Santee (CVE-29) durante l’invasione di Leyte il 20 ottobre del 1944.

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Storia

Wildcat sulle portaerei della flotta. Volo inaugurale dell’FM-1: 31 agosto 1942.

FM-2 All’FM-1 seguì sulla base del prototipo XF4F-8 (volo inaugurale l'8 novembre 1942) l’FM-2, la versione più numerosa del Wildcat. Era un aereo leggero con minori dotazioni di carburante e 4 armi alari. Il motore era il leggero Wright R1820-56 da 1350 CV. In quota le prestazioni scadevano, ma alle altitudini inferiori l’FM-2 era decisamente superiore all’F4F-4/FM-1. Per compensare la maggiore coppia del motore l’FM-2 ricevette una deriva aumentata, cosa che ne consente la facile identificazione. I radiatori dell’olio vennero spostati alle radici alari. Oltre a 226 kg di bombe, a partire dalla macchina 3301 potevano essere portati anche sei razzi da 127 mm.

Un FM-2 viene catapultato dalla USS Core (CVE-13) nel nordAtlantico il 12 aprile 1944. (Vedere disegno)

8 maggio 1944 sulla USS Charger (CVE-30). Mentre un FM-2 si appresta al decollo, un altro con carrello e gancio in estensione effettua un passaggio. I velivoli portano lo schema atlantico ovvero grigio chiaro su bianco.

MARTLET MK.I Nel 1939 la Francia ordinò 81 G-36A con il motore da 1200 CV R-1820G205A a 9 cilindri, con strumenti e armi francesi. Al volo inaugurale dell’11 maggio 1940 non seguì la fornitura, a causa della capitolazione della Francia. I britannici acquisirono i velivoli nel luglio del 1940 facendoli convertire alla Blackburn con la denominazione di Martlet Mk.I. I primi aerei andarono allo Squadron No. 804 alle Orcadi. Il 25 dicembre 1940 due Martlet abbatterono uno Ju.88 sopra Scapa Flow, la prima vittoria di un aereo americano contro un velivolo tedesco.

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FM-2 Wildcat costruito dalla Eastern Aircraft Division della General Motors nel 1945 presso la NACA.

Tipo Quantità Tipo F4F-3 285 Martlet I F4F-3A 65 Martlet II F4F-4 1196 Martlet III F4F-7 21 Martlet IV FM-1 0839 Martlet V FM-2 4437 Wildcat VI Totale 6843 Totale *Esistono sono dati diversi

Quantità 81 109 30 220 322 340 1102*

diventò così Wildcat Mk.VI nella FAA, venendo impiegato soprattutto in Estremo Oriente.

Insegna del VF-42. Mk.II, dotati di 6 armi, corazzature e serbatoi autostagnanti con aumento di peso di 450 kg rispetto all’Mk.I. La Royal Navy era felice dei Martlet poiché poteva mandare in pensione il vecchio biplano Gloster Sea Gladiator e il caccia biposto Fairey Fulmar, entrambi diventati obsoleti.

MARTLET MK.III, IV, V E VI

MARTLET MK.II Mentre utilizzavano i Mark I, i britannici ordinarono per la Fleet Air Arm (FAA) 100 G-36B con Pratt & Whitney R-1830-S3C4-G. I primi dieci avevano ali non ripiegabili, mentre i successivi adottarono quelle dell’F4F-4. Vennero chiamati Martlet

Destinati alla Grecia, diversi F4F-3A passarono nell’aprile del 1941 alla FAA come Martlet Mk.III. Nell’ambito del Lend-Lease gli USA fornirono anche F4F-4B dotati di R-1820-40B Cyclone oppure GR-1820-G250A-3, denominati Martlet Mk.IV. Dei 1060 FM-1 realizzati, 312 passarono ai britannici come Martlet Mk.V. Dal gennaio del 1944 i britannici adottarono il nome Wildcat. L’FM-2

Anche se il Wildcat era inferiore al Mitsubishi Zero-Sen, il principale avversario dei caccia statunitensi nel Pacifico, i piloti ottennero risultati lusinghieri. Alle alte velocità l’F4F era più robusto e maneggevole, in picchiata risultava più veloce dello Zero con una velocità massima di 800 km/h! Oltre a ciò il Wildcat poteva incassare enormi danni senza incendiarsi. Con l’arrivo degli F6F Hellcat e F4U Corsair dal 1943, i Wildcat furono ritirati dalla prima linea, servendo in teatri secondari sino alla fine del 1945. Testo e grafica: Herbert Ringlstetter Foto: Naval Historical Center/US Navy, NASA, Coll. Ringlstetter

F4F-Wildcat - Dati tecnici VERSIONE:

XF4F-2

F4F-3

F4F-4

FM-2

Tipo: Motore:

Caccia monoposto Pratt & Whitney XR-1830-66

R-1830-76 (-86)

R-1830-86

Wright R-1820-56W

Stella singola 1200 CV a 2900 11,58 m 4,37 m 8,76 m 3,67 m (in linea) 24,16 mq 2624 kg 3359 kg 3607 kg 515 km/h a 5900 m 440 km/h 120 km/h 195 m 85 m 670 m/min 6100 m in 12,4 min 1350 km 10400 m 6 x MG - 12,7 mm 2 x 45 kg bombe -

1350 CV 11,58 m 8,80 m 24,16 mq 2471 kg 3396 kg 3752 kg 520 km/h a 6000 m 465 km/h 425 km/h 120 km/h 880 m/min 1450 km 10850 m 4 x MG - 12,7 mm 2 x 113 kg bombe 6 x razzi da 127 mm

Raff. ad aria 14 cilindri doppia stella Prestazioni al decollo CV a giri/min:1000 a 2640 1200 CV a 2900 Ap. alare: 10,36 m Ripiegate: Lunghezza: 8,05 m 8,76 m Altezza: 2,71 m (coda a terra) Sup. alare: 21,55 mq 24,16 mq Peso vuoto: 1830 kg 2423 kg Al decollo: 2443 kg 3176 kg Al decollo max: 3698 kg Velocità max: 470 km/h a 3000 m 530 km/h a 6400 m A livello del mare: 450 km/h Di Crociera: 300 km/h (max. aut.) All'atterraggio: 115 km/h 120 km/h Decollo: Con vento di 45 km/h: 52 m 70 m Prestazioni iniziali: 810 m/min 630 m/min Autonomia max: 1200 km 1350 km Quota massima: 8350 m 9450 m Armamento: 4 x MG - 12,7 mm 4 x MG - 12,7 mm 2 x 45 kg bombe -

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Storia NASA, Coll. Ringsletter Grumman F4F-3 del VF-41 con ali gialle in servizio nel 1940 sulla USS Ranger.

Grumman F4F-3A del VF5 in grigio chiaro all'inizio del 1941.

Grumman F4F-4 del VMF-121 dell’USMC, pilotato dal Captain Joseph Jacob Foss, Guadalcanar (oggi Guadalcanal) nel novembre del 1942. Foss, con 26 vittorie, fu il miglior pilota di Wildcat e venne insignito della Medal of Honor. Il Marine Fighter Squadron 121 si convertì nella primavera del 1943 sull’F4U Corsair dopo aver ottenuto 161,5 vittorie con i Wildcat.

Grumman Martlet Mk III (K AX733) del No. 805 Sqd. della Fleet Air Arm, del s.ten W.M. Walsh. L'805 passò nel giugno del 1941 dal Gloster Sea Gladiator al Martlet; il 28 settembre 1941 Walsh abbatté durante l’Operation Crusader un Fiat G.50, la seconda vittoria assoluta di un Martlet.

General Motors FM-2 della USS Core (CVE13) nell’aprile del 1944.

Grumman F4F-3A del VF-6 sulla USS Enterprise nel febbraio del 1942, pilota Lieutenant Wilmer E. Rawie.

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JAVELIN FAW MK 9 54

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Montaggio Il Javelin è uno di quegli aerei britannici degli anni Cinquanta che oggettivamente non vincerebbero un premio in un concorso di bellezza. Sgraziato e con delle proporzioni non proprio armoniose, questo velivolo esercita però un fascino particolare, anche per le sue enormi dimensioni.

Il Mark 9 è l’ultima e definitiva evoluzione di questo “Fighter-All-Weather” (FAW) che nella versione “R” (non quella del nostro articolo) poteva anche essere rifornito in volo grazie a una lunga sonda di rifornimento. E r a stato progettato per contrastare la sempre più grave minaccia dei bombardieri sovietici, ma il suo impiego bellico lo ebbe nel Sudest asiatico durante il conflitto fra Malesia e Indonesia nei primi anni Sessanta. Per la verità non avevo minimamente pensato di realizzare questo aereo come modello, ma quando, nel 2014, il titolare del “mio” negozio di modellismo mi fece vedere il contenuto del-

l’appena uscita scatola dell’Airfix rimasi sorpreso del bel dettaglio e delle accurate incisioni sugli stampi. Così decisi di acquistare il kit e di procurarmi qualche set di miglioria, come fotoincisioni per l’abitacolo, prese d’aria Quickboost e decal della Xtradecal. La grande e solida scatola contiene un gran numero di parti in una plastica grigia senza sbavature ma con una superficie leggermente ruvida; le parti trasparenti sono belle e limpide e il foglio decal è enorme e completo di stencil, ma mi sono avvalso di un foglio della Xtradecal scegliendo una versione che mi piaceva di più, anche se poi ho preferito aerografare tutte le insegne a eccezione dei numeri e degli stencil. Il modello scelto rappresenta l’esemplare XH 905 “E” del 5th Squadron RAF basato a Geilenkirchen in Germania Occidentale durante gli anni Sessanta. Il montaggio inizia come di consueto

di Wolfgang Bugl Modello: AIRFIX

con l’assemblaggio dell’abitacolo, sotto il quale si monta anche il pozzo del carrello anteriore. Ci sono molti pezzi di un dettaglio più che discreto, ma ovviamente si può migliorare notevolmente questa zona aggiungendo soprattutto dettagli per i seggiolini con una notevole quantità di cinture e levette, ma anche i cruscotti e le scatole degli strumenti vanno migliorati con il suddetto set di fotoincisioni Eduard nonché tramite fili di stagno per simulare gli svariati cablaggi. Tutto l’abitacolo è colorato di nero per cui solo un’attenta colorazione con sfumature e dry-brush in grigio lo renderà tridimensionale e darà profondità a questa zona. Con la chiusura delle pareti laterali termina il montaggio dell’abitacolo (un vero e proprio kit nel kit) e il tutto si inserisce nelle due semifusoliere anteriori. L’incastro è perfetto e non occorrono correzioni di alcun tipo, dato che il kit è concepito davvero in maniera logi-

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ca e pressoché perfetta. Non voglio annoiare gli amici modellisti descrivendo i singoli passaggi di montaggio, tutto procede senza difficoltà seguendo le istruzioni e i grandi semigusci della fusoliera divisi orizzontalmente si uniscono bene anche perché ci sono delle dime che guidano le parti verso un perfetto incastro. Anche le grosse ali si inseriscono con l’aiuto di una specie di longherone alla fusoliera. Qui ci vuole un po’ di attenzione affinché non ci siano degli scalini e fessure indesiderati. Prima di mettere insieme le varie parti però ho deciso di rivettare tutte le superfici del mio modello (con la mia affidata “Rosie”) seguendo dei trittici scaricati dalla rete. Credo che il risultato mi dà ragione perché le grosse superfici, soprattutto delle ali, risulte-

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rebbero altrimenti un po’ piatte, ma questo ovviamente è una questione di gusti. Il kit permette una varietà di configurazioni con i vari aerofreni e superfici mobili in posizioni aperte o chiuse. Anche sulla deriva si possono posizionare le superfici di direzione come meglio si crede, una bella cosa da parte dell’Airfix. Dopo il fissaggio (provvisorio) e mascheratura delle parti trasparenti si può passare alla colorazione, non

prima di aver dato un preshading con un mix di marrone scuro e nero. Sotto ho steso un silver usando l’Alclad white aluminium e sopra (dopo aver mascherato le linee di separazione) ho applicato in maniera irregolare una base di grigio H 331 dark sea gray della Gunze. Dopo una buona asciugatura si preparano le mascherature per il secondo colore, il dark green, seguendo lo schema del trittico. Tutti i Javelin avevano lo stesso schema, con i bordi netti fra le due tonalità; è un lavoro decisamente lungo e noioso applicare precisamente le mascherature, ma alla fine il risultato paga. Ora finalmente si applica il verde H 330 dark green, anche questo in maniera irre-

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Montaggio

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golare ottenendo già così delle schiarite qua e là che poi vanno accentuate con del colore più chiaro in modo da rendere realistiche le ampie superfici del modello. A questo punto ho deciso di non usare le decal per le insegne di nazionalità ma di spruzzarle con l’aerografo, soprattutto perché sulla zona superiore delle coccarde c’è una serie di generatori di vortice in rilievo che avrebbero sicuramente resa difficili l’applicazione delle decal. Anche se quelle del kit hanno dei “buchi” per la zona di quei rilievi, non mi sono fidato e così ho messo mano al compasso e ai nastri

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adesivi e dopo ore di preparativi finalmente sono riuscito ad applicare le coccarde. Lo stesso vale per il timone, le cui bande rosse (con bordo celeste) hanno dato un risultato ben più credibile rispetto alle decal (che tra l’altro avrebbero dovute essere tagliate a misura, operazione che ho evitato ben volentieri). Dopo un paio di mani di trasparente lucido (Tamiya X 22) ho steso i vari codici e gli stencil in forma di decal. A un leggero lavaggio con i colori a olio molto diluiti di grigio Payne è seguita l’applicazione del trasparente opaco, sigillando il tutto e facendo attenzione di non rendere troppo opaco il modello. Il fissaggio dei tettucci mi ha creato un po’ di problemi perché l’incastro sulle dime di scorrimento non è preciso e neanche le istruzioni sono molto d’aiuto, ma con un po’ di pressione e l’uso cauto di cianoacrilica (nonché di fortuna) sono riuscito a risolvere questo inconveniente. L’applicazione di un tergicristallo autocostruito sul parabrezza ha completato definitivamente la zona dell’abitacolo. A questo punto tocca ai carrelli e ai carichi sotto le ali, dove ho optato per quattro missili Firestreak le cui punte sono in plastica trasparente da spruzzare con lo Smoke della Tamiya. Dato che a terra il Javelin di

solito stava in posizione molto seduta e il carrello anteriore del kit dà però un assetto orizzontale, l’ho allungato introducendo un perno in metallo in modo che si ottenesse un innalzamento del muso. Così ho ottenuto quell’assetto cabrato che dà a questo aereo quel tocco così particolare. L’applicazione dei tappi rossi davanti alle prese d’aria e dietro sugli scarichi (dettagliati con delle maniglie in filo di ottone) conferisce un ulteriore tocco di originalità. Per chi volesse, il kit fornisce anche una scaletta di accesso per i piloti, ma ho preferito non usarla perché andrebbe incollato alla fusoliera. Devo dire che a modello terminato sono rimasto piuttosto soddisfatto del risultato. La costruzione è stata piacevolissima e senza grattacapi, da consigliare a chiunque ami avere un soggetto piuttosto insolito in vetrina. Attenzione alle dimensioni però, questo bestione occupa un bel po’ di spazio. SKYMODEL

Accessori usati: Eduard FE 667 interior S.A. Quickboost QB 48 597 Air Scoops Xtradecal X 48125 Eduard Mask EX 411

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Bibliografia: Gloster Javelin – Warpaint series n. 17 Gloster Javelin – The RAF’s First Delta Wing Fighter, R. Franks

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di Alexander W. De Leon Autocostruzione

Una tavola con le tre viste dell'Ohka si trova nel libro The Divine Thunder. Nella scala nella quale ho scelto di realizzare questo velivolo le dimensioni sono di tutto rispetto. Il modello è quasi interamente autocostruito con l’utilizzo di qualche pezzo di recupero; ho usato soprattutto plasticard. I principali sottoinsiemi sono le ali, il muso, il cockpit e la sezione di coda.

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LA FUSOLIERA Le sezioni della fusoliera si realizzano in scala con il plasticard sulla base dei disegni. La parte anteriore ha una forma grossomodo conica, ottenuta con stucco epossidico e con all’interno della zavorra. Per dare la forma corretta il pezzo è stato tornito a mano usando un trapano.

LA CABINA La sezione del cockpit è un tubo di plasticard posto tra due paratie delle stessa sezione; l’apertura è stata praticata in un secondo tempo. Il lavoro di dettaglio si concentra sull’interno della cabina: si costruiscono le centinature e si aggiungono i semplici comandi sagomando dei profilati di plasticard; anche il sedile si costruisce a partire da un foglio di plasticard sul quale si praticano i fori di alleggerimento e si fissano le semplici imbottiture. Nel vero apparecchio gli strumenti e i quadranti erano rudimentali ed è stato abbastanza semplice riprodurli in scala; i quadranti sono fotocopie di decal per modelli RC ridotti in scala 1/12. Ulteriori dettagli riguardano i cavi elettrici e le condutture idrauliche oltre alle numerose teste dei rivetti.

IL MOTORE La sezione posteriore che ospita il motore a razzo è stata costruita dopo vari tentativi ed errori poiché ha una forma rastremata particolare. L’interno della fusoliera posteriore è stato rivestito con fogli di alluminio 62

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Montaggio corrugato, sempre di provenienza RC. I tre razzi sono autocostruiti con materiale di recupero e tubi di plastica; anche qui entrano in gioco rivetti e vari cablaggi sottili.

LE ALI Costruite con fogli di plasticard su una struttura di strisce e tubi di styrene, sono state dotate dei rivetti in superficie e delle superfici di governo.

IL CANOPY Sembrava molto complicato, ma non era il caso di fermarsi di fronte alle difficoltà. La struttura è stata costruita con strisce di plasticard rinforzate all’interno, i trasparenti sono ostati quindi termoformati su un master e ritagliati con cura. Per l’incollaggio è stata usata colla epossidica bicomponente, che non lascia fumi e concede un po' di tempo per i necessari aggiustamenti.

DETTAGLIO FINALE Le pannellature sono state incise con l’apposito strumento. I tubi di alluminio sono stati usati per realizzare la spoletta, il tubo di Pitot e il traguardo. I rivetti si aggiungono alla fine, una volta completata la costruzione.

IL CARRELLO Il “Baka” non aveva un carrello d’atterraggio, che d’altronde sarebbe stato inutile visto che non era previsto alcun atterraggio. Per movimentare la scena è necessario costruire il suo carrello usando gli stessi materiali: tubi di alluminio, fogli di plasticard e ruote di recupero.

l’uniforme. I dettagli finali comprendono le scritte giapponesi e i fiori di ciliegio dipinti a mano.

IL TAVOLO

L’apparecchio è stato colorato ad aerografo; l’interno è in verde chiaro mentre l’esterno è in un blu metallico. L’invecchiamento è minimo, le pannellature sono state evidenziate con un inchiostro nero. Le insegne sono state dipinte previa mascheratura. La finitura è satinata.

Pezzi di legno sono stati assemblati per il tavolino. Il tessuto bagnato con colla vinilica e acqua è stato drappeggiato come una tovaglia. Gli accessori sono stati autocostruiti con plastica e alluminio. La tovaglia ha ricevuto un lavaggio con un colore acrilico e qualche ombreggiatura. I vari elementi sono stati quindi dipinti e invecchiati; la coppa per il saké ha un bordo dorato. Una volto dell’imperatore è stata ridotta in scala e incorniciata. Le katane sono state anch’esse dipinte e dettagliate con color oro.

IL PILOTA

COMPOSIZIONE

Ho usato un torso di un pezzo in 1/12 per scolpire il pilota usando stucco bicomponente. Ho utilizzato foglio di stagno per la fascia in vita; non dimentichiamoci i cavi delle cuffie in filo metallico e il pugnale da Kamikaze nella mano sinistra. Il pezzo ha ricevuto un primer bianco e poi è stato dipinto con colori a olio per l’incarnato e con l’aerografo per

Per enfatizzare il tema simbolico del diorama ho deciso di disporre il velivolo, il pilota e il tavolo su un disco rosso ricavato dal legno di pino rappresentante l’Hinomaru. Una volta ottenuta una finitura perfetta, i vari elementi sono stati fissati per completare la mia interpretazione della Divina Follia.

LA COLORAZIONE

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L’hangar Bf 109G-6 early version EDUARD 1/48 ART. 82113 Dopo il G6 “ Late” ecco la versione “Early”, forse avrebbe avuto più senso proporre questa prima ma Eduard ha cercato subito di impressionarci con la versione avanzata del Gustav, e ci è riuscita abbastanza. Dei 186 pezzi presenti in questa scatola almeno 70 non sono da utilizzare ma sono usabili per le confezioni precedenti, G6 Late e G5, e possibilmente per le future; inoltre troviamo un bel po’ di pezzi opzionali che portano il numero effettivo da utilizzare ad una quantità modesta. Come per gli Spitfires in 1/48 anche questi ultimi G5 e G6, rinati dalle ceneri del famoso kit “sbagliato” del 2014, saranno un nuovo riferimento per la scala quarto di pollice; la finezza delle pannellature e dei dettagli sono impressionanti, file di rivetti sottilissimi che seguono con precisione la lunghezza delle fusoliere senza sgarrare di un micron. Bello vedere come le piccole prese d’aria sul naso siano scavate, la striscia di tenuta tra le due semi-capote del motore è un pezzo a parte, e ridotte sono pure le due bugnette sulla sinistra della fusoliera per poggiare l’ombrello parasole in caso di velivolo tropicale, queste sono microscopiche ed asportabili con un cutter tagliente in caso si optasse per una versione continentale. Le parti in tessuto delle superfici mobili sono ben riprodotte, se le guardate bene noterete le cuciture a zig zag sui bordi, certamente avranno ricoverato alla neuro il masterista, ma sono tutti dettagli che ne fanno un kit impressionante. Il cockpit con le parti fotoincise, con i suoi pezzi originali e con il tubo della benzina offerto nello sprue dei trasparenti è veramente completo; esiste ovviamente anche la versione in resina di Brassin, ma questo a montaggio e colorazione avvenuta sarà già notevole; uh ! Scordavo di dirvi che i trasparenti dell’abitacolo hanno la classica blindatura, mentre la “Galland Panzer” viene offerta come pezzo opzionale per future versioni, vengono offerte anche le maniglie in fotoincisione da posizionare negli angoli superiore del parabrezza. Riguardo il vano carrelli, diciamo subito che il buon dettaglio risiede sulle semi ali interne con la giusta concavità dei rigonfiamenti stampati superiormente ed i frames completi di rivetti, inoltre la struttura del vano è stata completata con pareti che simulano la tela cucita all’interno solo nella parte posteriore, un piccolo punto negativo è il pitot stampato in un unico pezzo con l’ala, inevitabilmente salterà via, fate attenzione; anche gli scarichi fanno bella figura con le pipe che riportano la giusta saldatura sulla linea di mezzeria ed un leggero incavo in uscita dello scarico stesso, questo dettaglio è già da parecchi kit che Eduard lo fa, evitandoci di comprare quelli in resina. Vengono fornite tre eliche in tre stili diversi, due di queste sembrano essere quelle del 109F e del primissimo G, hanno chiaramen-

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te i colletti del variatore di passo, personalmente devo dire che non sono male ma se li confronto con quelli in 1/72 degli ultimi Fw 190, preferisco quelli come disegno, ppure si può optare per un’elica in resina. La fusoliera, a parte i bei dettagli, è divisa secondo lo standard più diffuso, cioè verticalmente; ma con varie opzioni per quello che riguarda la parte superiore della coda e quindi il montaggio di vari tipi di sezione mobile del timone; interessante la zona delle bugne disegnate in maniera pressoché perfetta, con fornitura a parte di quella più piccola per il compressore ausiliario; tra l’altro in Eduard hanno migliorato la placca a forma di goccia su cui viene incollato il pezzo che simula la presa d’aria del compressore, offrendo tre differenti versioni di questa e delle prese, attenzione quindi all’esemplare da riprodurre. Sul dorso della fusoliera è stampato il rigonfiamento per l’antenna ad anello DF, questa non andrà utilizzata solo in una versione fornita nelle decals; tornando un attimo alle ali possiamo aggiungere che questa volta le tips sono corpo unico, anziché essere pezzo a parte come nel 2014, nella parte inferiore abbiamo i fori rettangolari di espulsione dei bossoli. Tutte le superfici mobili, compresi i radiatori, sono pezzi separati; questi ultimi hanno anche componenti da sostituire in fotoincisione; altri pezzi che corredano il kit sono: due serbatoi ventrali di foggia diversa, un rack ETC e varie antenne; in definitiva questo kit non è stato solo corretto negli errori fatti, ma è stato proprio ridisegnato in molte zone; non mi dilungo nell’elencare le varie differenze con il kit dello”scandalo”, troverete ampio materiale on line. I due fogli decal sono ben stampati nella Repubblica Ceca; un foglio ha le classiche croci, svastiche, chevrons ed insegne di unità, l’altro invece ha molte stencils generiche per le versioni di metà periodo bellico e fine della guerra. Versioni proposte: •W.Nr. 15919, Maj. Hermann Graf, CO of JGr 50, Wiesbaden – Erbenheim, September 1943 •W.Nr. 20499, Lt. Erich Hartmann, CO of 9./JG 52, Nove Zaporozhye, October 1943 •W.Nr. 18107, U z. Georg Amon, 7./JG 53, Torazzo Air eld, Sicily, June 1943 •W.Nr. 440190, Lt. Alfred Hammer, CO of 6./JG 53, Wien – Seyring, February 1944 •W.Nr. 160756, U z. Rene Darbois, I./JG 4, Santa Maria, July 25, 1944 A termine di questa piccola recensione vorrei aggiungere solo una cosa riguardo una modifica non fatta ma importante: nel 2014 nella parte inferiore della semiala, il bordo di uscita era a forma di una V ampia che si univa alla fusoliera, ebbene questa caratteristica è stata lasciata immutata, ma nella realtà non esiste alcuna linea di pannello in questa zona, quindi una volta incollato il tutto, si tratta di stuccare e carteggiare. EG

Northrop P-61B Black Widow DRAGON 1/72 PREMIUM EDITION ART. 5036

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L’hangar Il P-61A è stata la prima versione di produzione del Black Widow, operativa già verso la fine del 1943, montava superiormente una torretta armata con 4 cannoni; inizialmente vi furono grossi problemi che portarono alla sua eliminazione ed alla sola adozione delle mitraglie inferiori. Nel 1944 la versione B apportava miglioramenti riguardo il radar che essendo leggermente più lungo, porto’ inevitabilmente alla modifica del muso; altri upgrades riguardarono il carrello d’atterraggio anteriore, i portelli carrelli e la riproposizione della torretta con i 4 cannoni superiormente. Il P-61 fu largamente utilizzato sia in Europa che nel Pacifico, ottenendo in questo ultimo teatro l’ultima vittoria aerea contro un velivolo giapponese, in seguito, dopo il conflitto fu sostituito dal Twin Mustang. La Dragon produsse le due versioni intorno al 1994 ottenendo due kit di alto standard per l’epoca, quindi è stato facile per loro riproporli oggi; in versione “Premim Edition” con fornitura di una interessante lastrina di fotoincisioni precolorate di produzione ceca. L’abitacolo, con l’aggiunta delle fotoincisioni, diventa sufficientemente dettagliato, diciamo che l’unica cosa da fare è assottigliare i sedili; il muso come lunghezza è abbastanza fedele, mentre i portelli carrelli principali devono essere divisi in due e non tenuti in un pezzo unico, questa è proprio una delle

differenze rispetto al modello A del velivolo. Istruzioni molto chiare e semplici, referenze colori Model Master e Mr.Hobby, di buona qualità le decals. Versioni: • P-61B 418th NFS South Pacific 1944 • P-61B 422nd NFS France 1945 • P-61B 548th NFS Iwo Jima 1945 Distribuito da *PAMA TRADE SRL* EG

Cessna 1/72 Skyhawk “Landing on Red Square” ITALERI 1/48 ART. 2764 Una ristampa del modello Minicraft 1/48 del 2009, anche se nella realtà il capostipite fu l’Esci/Ertl del 1982, lo stampo quindi denota chiaramente la sua anzianità: pannellature negative profonde, rivettatura pesante in positivo, punti di unione allo sprue grossolani e qualche altra cosina rimediabile; però tutto sommato i dettagli interni sono discre-

ti per un aereo che aveva solo il cruscotto ,i sedili, la cloche, la pedaliera e la radio; ma veniamo al motore ed al suo vano: la paratia parafiamma è abbastanza dettagliata, da aggiungere soltanto cavetti e tubicini, il motore Lycoming O-360 è costituito dalla testata, dai 4 cilindri e dal castello motore; in rete vi sono parecchie foto riguardo questo propulsore e quindi si può giocare con il dettaglio self made. A questo punto, quasi quasi, con molta pazienza si può rappresentare il modello con cofanatura ed abitacolo aperto, almeno si movimenta un po’. Questo aereo fu reso celebre nel maggio 1987, quando il tedesco Mathias Rust, per un’azione dimostrativa atterrò in Piena Piazza Rossa a Mosca; ebbene l’Italeri, nelle decals, ripropone proprio questa versione insieme ad altre due prettamente militari. -Mathias Rust’s plane, Red Square landing,

Moskov, 28th may 1987 -Irish Air Corps, 206 Squadron, 1972 -Croatian Air Force, Vukovar battle, 1991 Distribuito da *PAMA TRADE SRL* EG

Grumman F-14D Super Tomcat REVELL 1/72 ART. 3960 L'F-14D è la versione finale del famoso F14 Tomcat, le principali differenze rispetto ai modelli precedenti sono i motori General Electric F110-GE-400 simili a quelli dell’F14B con conseguente significativa riduzione dei costi; questi sono, oltre che economici, più affidabili e più efficienti che i vecchi TF-30. Tutta l'elettronica è modernizzata da un nuovo radar, un abitacolo digitalizzato ed una nuova avionica; questo ha permesso, in seguito, la standardizzazione dei componenti all’interno della Marina degli Stati Uniti. Il kit di per sé non è nuovo, è una ristampa della confezione del 1999, che comunque per chi non ha pretese, ancora oggi si difende bene nella scala 1/72, naturalmente non si può fare il paragone con Hasegawa e Fujimi della stessa epoca, ma tutto sommato non è il caso di metterlo da parte; la box art è attraente e fa il suo dovere di invogliare i modellisti all’acquisto, rappresenta un esemplare del VF-101 Grim Reapers, NAS Oceana 2004 che poi è l’unica versione proposta dalle buone decals. I pezzi totale sono 111, la divisione della fusoliera è sul piano orizzontale, come i kit nipponici; le incisioni in negativo sono pesanti e mancano elementi tipici tipo rivetti, cerniere, dispositivi a sgancio rapido ed altri portelli d’ispezione. Le ali posso essere montate sia estese che chiuse, la sezione di coda è separata con il vano degli aerofreni chiuso e con gli scarichi dei motori che vanno sostituiti con qualcosa di più dettagliato e serio, faccio un esempio: il set Aires. Notevole la parte dei carichi ben riprodotti tranne nelle alette stabilizzatrici che vanno tutte assottigliate: sei AIM-54 Phoenix, due serbatoi ausiliari, due AIM-7 sidewinder e due AIM-9 Sparrow. I trasparenti non sono male, ma purtroppo costringono a montarli obbligatoriamente chiusi, anche se sono in due pezzi separati, a meno che non si modifichi in maniera veritiera questa zona; l’abi-

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L’hangar Lockheed Ventura Mk.II REVELL 1/48 ART. 4946 Il Lockheed PV-1 Ventura venne prodotto da Revell nel 2011, dopo un cambio di grafica della confezione nel 2012, si arriva al 2014 quando con nuovi pezzi fu prodotta la ver-

tacolo di per se presenta strumenti in rilievo e due buoni cruscotti (niente decals a riguardo) ma i seggiolini sono sicuramente da sostituire. Riguardo i carrelli diciamo che se la parte cinematica è buona, sono da rimpiazzare le ruote ed assottigliare i portelli di chiusura dei vani, non è un’operazione difficile e di sicuro si migliora l’aspetto generale; purtroppo le superfici mobili sono tutte fisse, tranne che i grandi piani di coda che possono essere montati con angoli a piacimento, è solo un pernetto cilindrico che li unisce alla fusoliera. EG

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sione inglese a denominazione Ventura Mk.II, anche qui un nuovo cambio di confezione e la uscita di questi mesi. Se le linee generali sono le stesse, bisogna entrare nei particolari per vedere le differenze con la versione americana, su tutto la torretta dorsale di foggia inglese tipo Bolton e il muso completamente vetrato, con armi annesse (in caccia e brandeggiabili), da mascherare a dovere per la versione britannica. Poi non c’è granché che dire, perché i pezzi sono quelli della versione americana comprese le superfici di controllo fisse e il vano bombe apribile; i motori non sono di alta fascia ma parecchi aftermarket sono presenti sul mercato, ovviamente cambiano i colori esterni, ma non quelli del cockpit che rimane quello americano con pavimenti in black. Due sole versioni inglesi : -Lockheed Ventura Mk.II, No. 487 Squadron, Royal New Zealand Air Force, Methwold, England, Mai 1943 -Lockheed Ventura Mk.I, No. 21 Squadron, Royal Air Force, Methwold, England, Mai 1943. Distribuito da *PAMA TRADE SRL* EG

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